mercoledì 21 febbraio 2018

EDUCAZIONE NEL MONDO GRECO (accademia di Platone e il liceo di Aristotele)

ACCADEMIA DI PLATONE

Accademia (in greco: Ἀκαδήμεια) fu il nome con il quale fu conosciuta la scuola fondata da Platonead Atene.
L'Accademia, fondata nel 387 a.C., esistette, seppur attraverso varie fasi, fino a dopo la morte di Filone di Larissa. Anche se vari filosofi continuarono ad insegnare la filosofia platonica ad Atene in epoca romana, fu solo all'inizio del V secolo che una nuova scuola venne fondata come centro del neoplatonismo e cessò la sua attività nel 529, quando l'imperatore Giustiniano ordinò la chiusura di tutte le scuole filosofiche pagane nell'impero bizantino, in cui il cristianesimo era diventato religione di Stato.
L'Accademia rappresentò per tutta l'età antica il simbolo della filosofia platonica e ancora Plutarco, in piena età imperiale, definiva se stesso e i pensatori che come lui si rifacevano a Platone come "accademici" (akademikoi).

Nel IV secolo a.C. veniva indicata come “Accademia” un’area di proprietà pubblica situata a nord-ovest della città di Atene, vicino al villaggio di Colono. L’area, ricca di alberi, comprendeva luoghi di culto, un ginnasio, e un boschetto sacro di ulivi dedicato ad Atena, la dea della saggezza[1]; era perimetrata da un muro fatto costruire da Cimone[2]. L’area poteva essere raggiunta dalla città uscendo dalla porta del Dipylon e attraversando il cimitero del Ceramico. Il luogo era noto come Hekademia (in greco: Ἑκαδήμεια), poi mutatosi, in epoca classica, in Accademia, dal nome dell'eroe ateniese Academo.[3]

Fu in quest’area che, secondo la tradizione, nel 387 a.C. Platone fondò la celebre scuola filosofica.[4] La data non è del tutto certa. A quanto riferiscono Diogene Laerzio[5] e Filodemo di Gadara[6], Platone fondò l’Accademia al ritorno dai suoi viaggi in Sicilia, dopo aver abbandonato Siracusa in seguito a contrasti con il tiranno Dionisio il Vecchio; Platone, ceduto a mercanti e messo in vendita come schiavo, sarebbe stato acquistato dal filosofo Anniceride, che lo liberò e acquistò il terreno nell’Accademia dove Platone si stabilì.[7]
Tale scuola era caratterizzata da una vita in comune tra maestro e discepoli. Sul piano giuridico essa era un'associazione religiosa, dedita al culto di Apollo e delle Muse.
  
LICEO DI ARISTOTELE
Il Liceo (in greco antico Λύκειον Lykeion) era un luogo alle pendici meridionali del Licabetto esteso tanto da essere adatto alle esercitazioni militari dove Pericle vi aveva fondato un ginnasio successivamente ampliato da Licurgo. Il nome della località derivava da un santuario dedicato ad Apollo Licio dove Aristotele fondò la scuola che fu chiamata Liceo e anche peripatetica.
Nella mitologia greca "Licio" era un epiteto attribuito ad Apollo o perché riferito al termine «lupo» (λύκος) o al fatto che il dio appena nato era stato portato in Licia (Λυκία) o infine perché si voleva indicare la sua caratteristica di divinità solare (dalla radice λευκ-, λυκ- «candore, luce»).

Quando nel 340 a.C. Alessandro divenne reggente del regno di Macedonia, cominciando anche ad avvicinarsi alla cultura orientale, il suo maestro Aristotele, che era intanto rimasto vedovo e conviveva con la giovane Erpillide, da cui aveva avuto il figlio Nicomaco, nell'ultimo periodo della sua vita tornò forse a Stagira e, intorno al 335 a.C., da lì si trasferì ad Atene dove si dedicò all'insegnamento della sua dottrina, ormai matura e del tutto distaccata da quella platonica, che costituisce quasi interamente il corpus aristotelicum a noi pervenuto.[2]
Il nome peripatetica della scuola aristotelica deriva dal grecoΠερίπατος, «la Passeggiata» (da περιπατέω «passeggiare», composto di περι «intorno» e πατέω «camminare») cioè quella parte del giardino dove era un colonnato coperto dove il maestro e i suoi discepoli camminavano discutendo [3][4].
Secondo la pedagogista italiana Bianca Spadolini[5] il Liceo, come l'Accademia di Platone, non avrebbe avuto nessuna finalità religiosa e i suoi discepoli erano divisi come in un tiaso tra quelli che erano iniziati e frequentavano la scuola come interni (gli "esoterici") a cui erano riservate le lezioni più specialistiche e complesse e coloro che partecipavano come discepoli esterni ("essoterici"), uditori a cui era dedicata la parte divulgativa della dottrina.
Il piano di studi probabilmente si basava sull'insegnamento
  • delle scienze teoretiche dedicate all'osservazione degli enti e del loro divenire (fisica, zoologia, psicologia) e degli enti immobili (metafisica e teologia)
  • delle scienze pratiche,che dovevano guidare all'azione (etica e politica)
  • delle scienze poietiche (retorica e poetica)
La logica non compariva come scienza ma come strumento propedeutico allo studio di qualsivoglia scienza.[6]
Alla morte di Aristotele, avvenuta nel 322 a.C.Teofrasto gli succedette nella direzione del Liceo. Nel 287 a.C., alla morte di Teofrasto, la direzione fu assunta da Stratone di Lampsaco.
Il Liceo fu depredato da Filippo V di Macedonia e successivamente da Lucio Silla. Il nome continuò ad essere usato per indicare la scuola peripatetica e in seguito fu riferito a quei luoghi pubblici dove si tenevano dissertazioni letterarie e filosofiche.

EDUCAZIONE TRA LE VARIE RELIGIONI

INDUISMO
Nel 1966 la Corte suprema dell'India, esprimendosi sul caso Shastri Vagnapurushdasji et al. contro Muldas Bhundardas definì normativamente la qualifica di hindu, e quindi di Hinduism, con i seguenti sette punti[36]:
  1. l'accettazione rispettosa dei Veda come la più alta autorità riguardo agli argomenti religiosi e filosofici, e l'accettazione rispettosa dei Veda da parte dei pensatori e filosofi induisti come base unica della filosofia induista;
  2. lo spirito di tolleranza e di buona volontà per comprendere e apprezzare il punto di vista dell'interlocutore, basato sulla rivelazione che la verità possiede molteplici apparenze;
  3. l'accettazione, da parte di ciascuno dei sei sistemi di filosofia induista, di un ritmo dell'esistenza cosmica che conosce periodi di creazione, di conservazione e di distruzione, periodi, o yuga che si succedono senza fine;
  4. l'accettazione da parte di tutti i sistemi filosofici induisti della fede nella rinascita e preesistenza degli esseri;
  5. il riconoscimento del fatto che i mezzi o i modi di raggiungere la salvezza sono molteplici;
  6. la comprensione della verità che, per quanto grande possa essere il numero delle divinità da adorare, si può essere induisti e non credere che sia necessario adorare le Murti(rappresentazioni) delle divinità;
  7. a differenza di altre religioni o fedi, la religione induista non è legata a un insieme definito di concetti filosofici.


La generalità degli studiosi considera il Vedismo, la religione dei Veda praticata dagli indoari, all'origine di quello che noi oggi indichiamo come "Induismo"[38]. Pur tuttavia, come segnala Alf Hiltebeitel[39], vi sono buoni motivi per ritenere che le credenze religiose delle popolazioni della Valle dell'Indo, siano elementi importanti per stabilire le radici dell'Induismo[40].
Lo stesso Alf Hiltebeitel è consapevole, tuttavia, che conoscere tali credenze religiose è estremamente impegnativo e non può che essere di tipo congetturale essendo a noi del tutto sconosciuta la scrittura e quindi la lingua (per Hiltebeitel molto probabilmente di ceppo dravidico) di quella civiltà, documentata su numerosi sigilli di steatite rinvenuti nei siti archeologici[41].
La Civiltà della valle dell'Indo è una scoperta piuttosto recente, risale al 1921 quando Rai Bahadur Daya Ram Sahni e Rakhal Das Banerji, su impulso di John Hubert Marshall dell'Archaeology Survey of India, scoprirono le rovine di Harappā e Mohenjo-daro. Questa civiltà ha origine nel Neolitico (7000 a.C.), sviluppandosi a partire dal 3300 a.C. - 2500 a.C. e tramontando definitivamente intorno al 1800-1500 a.C.[42] Fu una civiltà agricola e urbanizzata molto sviluppata con legami commerciali con la Mesopotamia che ci ha lasciato delle importanti vestigia e delle opere d'arte che conservano una scrittura ancora non decifrata.
La religione vedica corrisponde a quella raccolta di testi, il Veda, tramandata oralmente per secoli da scuole brahmaniche (dette sākhā) prima di essere messa per iscritto in epoca moderna[55][56][57]. La datazione dei Veda è un argomento controverso e dibattuto, le edizioni 1998 e 2005 della Encyclopedia of Religion, opera varata sul progetto dello storico delle religioni rumeno Mircea Eliade e che coinvolge centinaia di accademici di tutto il mondo, riporta, nella voce curata dallo studioso Ramchandra Narayan Dandekar, un periodo compreso tra il 2000 a.C. e il 1100 a.C.[58].
Ṛgveda. Manoscritto in devanāgarī, XIX secolo. Dopo una benedizione ("śrīgaṇéśāyanamaḥ ;; Aum(3) ;;"), la prima riga apre con il primo verso del primo inno del Ṛgveda (1.1.1): Agniṃ ; iḷe ; puraḥ-hitaṃ ; yajñasya ; devaṃ ; ṛtvijaṃ («Ad Agni rivolgo la mia preghiera, al sacerdote domestico, al divino officiante del sacrificio»). L'accento vedico è segnalato da sottolineature in inchiostro rosso
Il Veda più antico è senza dubbio il Ṛgveda, cui seguono gli altri tre: SāmavedaYajurveda, e Atharvaveda. Nel complesso questa letteratura religiosa descrive gli indoari come nomadi guerrieri in conflitto con le popolazioni locali, eredi della Civiltà della valle dell'Indo. I testi vedicidescrivono le popolazioni autoctone come di pelle scura oggi identificate come dravidiche. Gli indoari indicavano sé stessi come ārya (nobili) riservando il termine dāsa (anche dasyu, successivamente col significato di "schiavo") alle popolazioni autoctone con cui erano venuti a contatto. Secondo gli indoari, questi dāsa non veneravano divinità né possedevano riti religiosi quanto piuttosto veneravano un "fallo" (peneeretto, sanscrito liṅgaṃ, denominato dio-pene o dio-coda Siśnadeva). Secondo Alf Hiltebeitel[59] la scoperta di oggetti di forma fallica nella Valle dell'Indo fa supporre come corretta la descrizione vedica di questi culti, peraltro anticipatori del culto del Liṅgaṃ nello Śivaismo[60].
Successivamente gli indoari si spostarono verso Sud e verso Est in un processo di conquista che non fu mai terminato essendoci tutt'oggi vasti territori dell'India meridionale ed orientale dove ancora si parlano dialetti dravidici e munda[61].
Gli indoari erano suddivisi in jāna (sanscrito, corrispettivo del latino gentes) a loro volta suddivisi in "clan" (viś) guidati da un capoclan (viśpáti). Erano allevatori nomadi che progressivamente si stanziarono in cittadelle fortificate con mura di terra battuta (sanscrito vedico púrपुर, corrispondente al greco antico πόλις polis) come già prima di loro i nemici Dāsa. Dalle scritture vediche questi Ārya appaiono ricchi, dediti a feste cerimoniali a base di carne e di madhu (liquore a base di miele come l'idromele)[62]. I villaggi degli indoari venivano eretti dopo un cerimoniale di consacrazione complesso che prevedeva l'aratura del luogo e la messa in posa di nove colonne (sthūṇā) destinate a sostenere gli edifici. Al centro del villaggio era posta la colonna più importante (skambha) posto come albero primordiale che sostiene il Cielo (Div o Dyú).
Anne-Marie Esnoul[63] evidenzia come nella civiltà e nella letteratura religiosa vedica (comprensiva in questo caso dei Veda e dei loro commentari Brāhmaṇa) non si riscontra alcuna riflessione sulla 'sofferenza' nel mondo, sul ciclo delle rinascite (saṃsāra) e, di conseguenza sui percorsi di liberazione da esso, quanto piuttosto il godimento (bhukti) della vita terrena. È quindi solo con le prime Upaniṣad (IX secolo a.C.) che si avvia la riflessione teologica indiana sulla sofferenza nel mondo e sulla necessità di un percorso di liberazione da essa. E questo corrisponderebbe all'avvio del periodo assiale individuato da Karl Jaspers[64] che si riscontrerà nel successivo pensiero upaniṣadico e quindi nell'Induismo.


BUDDHISMO
Il buddhismo o buddismo[2] (sanscritobuddha-śāsana) è una delle religioni[3][4] più antiche e più diffuse al mondo. Originato dagli insegnamenti dell'asceta itinerante indiano Siddhārtha Gautama (VIV sec. a.C.), comunemente si compendia nelle dottrine fondate sulle Quattro nobili verità (sanscritoCatvāri-ārya-satyāni).
Con il termine buddhismo si indica quindi quell'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato[5][6].
Sorto nel VI-V secolo a.C. come disciplina spirituale assunse nei secoli successivi i caratteri di dottrina filosofica e, secondo alcuni autori, di religione "ateistica"[7], intendendo con quest'ultimo termine non la negazione dell'esistenza degli dèi (deva), quanto piuttosto il fatto che la devozione ad essi, fatto comunque considerato positivo, non condurrebbe alla liberazione ultima.
A partire dall'India il buddhismo si diffuse nei secoli successivi soprattutto nel Sud-est asiatico e in Estremo Oriente, giungendo, a partire dal XIX secolo, anche in Occidente.

La parola buddhismo è di recente coniatura, introdotta in Europa nel XIX secolo[8] per riferirsi a ciò che è correlabile agli insegnamenti di Siddhārtha Gautama in quanto Buddha. In realtà un'unica parola per esprimere questo concetto non esiste in nessuno dei paesi asiatici originari di tale tradizione religiosa.[9].
La traduzione dei termini originari letteralmente va intesa come "insegnamento del Buddha" (sanscrito buddha-śāsanapāli buddha-sāsanacinese 佛教 pinyin fójiào Wade-Giles fo2-chiao4giapponese bukkyōtibetano sangs rgyas kyi bka' , coreano 불교 pulgyovietnamita phật giáo).
Originariamente "l'insegnamento del Buddha" si denominava come DharmaVinaya (pāli dhamma-vinaya, cinese 法律 fǎlǜ, giapponese hōritsu, tibetano chos 'dul ba, coreano 법률 pŏmnyul, vietnamita phật pháp), ma questa denominazione non ha avuto quella diffusione nelle lingue asiatiche diverse dal sanscrito quanto invece la denominazione buddha-śāsana.
Altri termini sanscriti con cui viene indicato il Buddhismo, nella sua accezione di religione esposta dal Buddha Shakyamuni, sono: buddhânuśāsanajinaśāsanatathāgataśāsanadharmabuddhânuśāstiśāsanaśāstuḥ ma anche buddha-dharma e buddha-vacana.

La storia del buddhismo inizia nel V-VI secolo a.C., con la predicazione di Siddhārtha Gautama. Nel lungo periodo della sua esistenza, la religione si è evoluta adattandosi ai vari Paesi, epoche e culture che ha attraversato, aggiungendo alla sua originale impronta indiana elementi culturali ellenistici, dell'Asia Centrale, dell'Estremo Oriente e del Sud-Est Asiatico; la sua diffusione geografica fu considerevole al punto da aver influenzato in diverse epoche storiche gran parte del continente asiatico. La storia del buddhismo, come quella delle maggiori religioni, è anche caratterizzata da numerose correnti di pensiero e divisioni, con la formazione di varie scuole; tra queste, le più importanti attualmente esistenti sono la scuola Theravāda, le scuole del Mahāyāna e le scuole Vajrayāna.

Il Buddhismo nacque in India, paese d'origine, approssimativamente attorno al VI secolo a.C. Tuttavia durante più di 1500 anni di storia il Buddhismo indiano ha sviluppato indirizzi e interpretazioni diverse, anche estremamente complesse. Lo sviluppo di tale complessità si rese necessario con il continuo confronto dottrinale sia all'esterno delle Comunità monastiche con le scuole brahmaniche e jaina, sia all'interno delle stesse per svelare progressivamente gli insegnamenti (soprattutto i cosiddetti "inesprimibili", sanscrito avyākṛtavastūni) contenuti negli antichi Āgama-Nikāya. Le scuole nate nel sub-continente indiano nel corso di questi 1500 anni di storia sono suddivisibili in tre gruppi: