mercoledì 4 aprile 2018

Educazione romana

Il Mos maiorum (dal latino mōs maiōrum, letteralmente «usanza, costume degli antenati») rappresenta il nucleo della moraletradizionale della civiltà romana.[1] Per una società come quella romana, le tradizionisono il fondamento dell'etica: esse comprendono innanzitutto il senso civico, la pietas, il valore militare, l'austerità dei comportamenti e il rispetto delle leggi. Il Mos maiorum, fondendosi nell'insieme dei valori acquisiti in seguito all'ellenizzazione della cultura latina, darà vita alla humanitas.
Il termine mos[2], puntualmente e invariabilmente tradotto con il riduttivo costume a livello scolastico, è in realtà un termine latino molto più ricco semanticamente e ha valore insieme ideale e pragmatico, in quanto comprende il sistema di valori di un singolo individuo o di una società e, contemporaneamente, la prassi che coerentemente ne deriva. Da mos deriva l'italiano "morale".
Il termine mores era già usato nel periodo protostorico dalle tribù stanziate nel territorio laziale, in riferimento a usi di tipo magico-religioso. Ne dà una definizione Sesto Pompeo Festo:[3]
(LA)
« Mos est institutum patrium, id est memoria veterum pertinens maxime ad religiones caerimoniasque antiquorum. »
(IT)
« Il costume è l'usanza dei padri, ossia la memoria degli antichi relativa soprattutto a riti e cerimonie dell'antichità. »
Dal periodo regio all'età imperiale, i mores, vengono a identificarsi come un corpo di principî e di valori esemplari per la comunitàromana di quell'epoca e nelle seguenti. Chiunque non rispettasse il "Mos maiorum" infrangeva il codice degli insegnamenti etici e morali romani.

Mores Modifica

mores sono dei precetti normativi accettati da tutta la comunità, poiché investiti di un'auctoritas[4]. Questi mores non solo sono un'usanza investita di sacralità, bensì rappresentano un abbozzo di 'costituzione' per l'intera comunità romana obbligata a seguirli. Si riteneva infatti, soprattutto in epoca regia, che il rispetto di tali precetti[5]proteggesse dalle forze dell'occulto, in quanto espressione del soprannaturale e della volontà divina. I mores, come sistema di credenze e di valori universalmente riconosciuti e unanimemente condivisi all'interno della civiltà romana, informavano a sé, l'agire pubblico e privato dell'individuo. Non si è certi, ma è possibile che i mores, una volta emanati, avessero la funzione di creare un precedente normativo.

StoriaModifica

Protostoria: dal X secolo a.C. alla metà dell'VIII secolo a.C.[6]Modifica

L'area "sacra" di Sant'Omobono dove si sono svolti gli scavi e lo studio di testimonianze relative ai popoli latini anteriori all'VIII secolo a.C.
Magnifying glass icon mgx2.svgSecondo le opere storico-giuridiche di Gaio e Sesto Pomponio[7] i mores, sono usi e costumi delle tribù che si unirono fondando la città di Roma[8].

In quella prima fase erano solo i mores a identificarsi con il diritto romano, costituendo il modello al quale gli appartenenti alla comunità adeguavano il loro comportamento: tali modelli derivavano da secoli di usanze precedenti, risalenti ai pagi[9]. Gli studiosi ritengono che antecedentemente all'età regia, quindi nel corso della fase pre-civica, i moressi basassero sul comportamento delle familiae, e, successivamente, a partire dalla metà dell'VIII secolo a.C., anche delle gentes, nel rispetto delle forze naturali, secondo l'interpretazione dei sacerdoti, che, a mano a mano li raccoglievano tramandandoli oralmente, e custodendoli in archivi sacerdotali segreti.
In un primo momento i mores non costituirono leggi effettive ma, soprattutto nella Roma precivica, erano precettiunanimemente condivisi e attuati dalla comunità. Intorno al X secolo a.C. i sacerdoti raccoglievano tramite forma orale, e probabilmente anche per iscritto, tali usi, mantenendoli segreti. In questo periodo erano gli unici detentori di conoscenze giuridiche, e uno dei loro compiti consisteva nel rivelare, sempre segretamente, questi usi, al soggetto che li richiedesse o piuttosto a interpretarli nel modo che ritenessero più adatto. Quindi consigliavano al richiedente una condotta da seguire per conseguire un proprio legittimo interesse o per difendersi correttamente da un diritto altrui. Ciò perché nel diritto dell'epoca era insito una forte componente morale, che occorreva dunque rispettare, seguendo determinate ritualità nelle dichiarazioni, nei comportamenti e in generale nell'agire sociale, tanto pubblico quanto privato. Tali modalità continuarono a vigere sia nel periodo regio sia in buona parte del repubblicano. Nell'età regia l'interpretazione fu affidata al rex e al Pontifex Maximus, talvolta congiuntamente.